Il direttivo del circolo “G.K. Zhukov” di Rifondazione Comunista di Poggibonsi ha deciso, nella sua ultima riunione, di lanciare la candidatura di Loriano Checcucci a sindaco della città. Loriano è un giovane lavoratore autonomo, muratore, da 23 anni iscritto al PRC; non ha mai avuto esperienze da amministratore, la sua attività politica fino a questo momento si è caratterizzata nella militanza appassionata e disinteressata nelle file di Rifondazione Comunista. Non gli manca però l’esperienza: dal 2009 al 2011 è stato segretario provinciale del PRC, nelle cui vesti ha seguito da vicino le problematiche di tutti i comuni della provincia. Non si è mai piegato a logiche compromissorie e spartitorie, ma anzi le ha sempre combattute, sia nell’azione politica che nel suo contesto lavorativo di artigiano.
La scelta di non partecipare alle primarie del centrosinistra deriva da un giudizio per la maggior parte negativo sulla giunta uscente e su tutte quelle precedenti. Abbiamo comunque cercato il confronto programmatico, ma su tematiche che noi riteniamo fondamentali – come la costruzione di una nuova modalità di gestione della filiera dei rifiuti, che dia il via ad un processo di uscita dalla pratica dell’incenerimento (dannosa per la salute dei cittadini, per l’ambiente e per il bilancio comunale), o la necessità di ripubblicizzare i servizi a partire da quelli economicamente rilevanti (come il servizio idrico) – la risposta del centrosinistra è stata un secco NO. La nostra scelta dunque non poteva che cadere ancora una volta su una collocazione alternativa.
Intorno a questa candidatura intendiamo costruire, con il coinvolgimento di tutti, un polo della sinistra con le carte in regola per governare Poggibonsi su linee guida totalmente diverse da quelle che si discutono nel ring delle primarie: mettere al centro il lavoro, quindi il mantenimento e rafforzamento dei centri produttivi poggibonsesi (in particolare il settore camperistico), la lotta agli sfratti e agli affitti in nero, l’organizzazione della raccolta differenziata porta a porta su tutto il suolo comunale, l’unione delle forze con gli altri comuni della Val d’Elsa per far fronte alla mancanza di finanziamenti agli Enti Locali (a causa del folle Patto di Stabilità), e all’imminente abolizione delle province, senza svendere però la democrazia. Questo è realizzabile solo richiedendo e valorizzando la partecipazione più ampia possibile dei cittadini alle decisioni, garantendo l’assoluta trasparenza della gestione amministrativa: Il comune deve essere una casa di vetro.
Queste e molte altre sono le sfide per il futuro che Rifondazione Comunista e la sinistra poggibonsese, con Loriano Checcucci sindaco, intendono lanciare e portare avanti. Rinnovare la città non significa cambiare solo le facce, significa cambiare radicalmente la gestione del comune, significa costruire una politica nuova che metta al centro le fasce deboli del paese che stanno pagando per una crisi non provocata da loro.
Partito della Rifondazione Comunista - Circolo “G.K.zhukov” Poggibonsi
Pagine
sabato 1 marzo 2014
ELEZIONI EUROPEE: CON ALEXIS TSIPRAS, CON LA SINISTRA D'ALTERNATIVA, PER CAMBIARE L'EUROPA!

In nome del salvataggio dei grandi capitali europei, molti
paesi cosiddetti periferici, come la Grecia, hanno dovuto pagare un tributo
altissimo, con gravissime ripercussioni sull'occupazione e il tenore di vita
della popolazione locale.
Come sappiamo l'Italia fa parte di quei paesi che stanno
subendo più di tutti la crisi e l'Austerità: anche da noi misure come il
Fiscal Compact, il pareggio di bilancio in Constituzione, l'aumento percentuale
dell'IVA, il Patto di Stabilità e molto altro che dovevano servire per
sanare il debito pubblico del nostro Paese, si sono rivelati un cappio al
collo per ogni tipo di attività produttiva di piccole dimensioni, per i
lavoratori e per tutte le fascie deboli della popolazione.
L'alternativa, a queste elezioni, è rappresentata dalla
proposta della Sinistra Europea (di cui fa parte anche Rifondazione Comunista)
di lanciare una lista di sinistra autonoma dal Partito Socialista Europeo (uno
dei maggiori sostenitori delle misure di Austerità) con candidato alla
presidenza della Commissione Europea Alexis Tsipras, parlamentare greco e
leader del Partito di Syriza, il più grande raggruppamento greco della sinistra
radicale. L'obiettivo è quello di ridisegnare completamente l'assetto
monetario, economico e politico dell'Unione Europea, verso la riaffermazione
della sovranità nazionale, l'autodeterminazione dei popoli e la
redistribuzione popolare della ricchezza, impedendo la possibilità a qualunque
dei paesi dell'Unione di egemonizzare con i propri capitali l'Unione stessa, a
discapito di tutti gli altri.
La sfida è grande e difficile, ma la ragione
politica e la necessità oggettiva di voltare completamente pagina con il
neoliberismo, nella prospettiva di un definitivo superamento del capitalismo europeo
(vero responsabile dell'Austerità) rende quest' operazione valida, oltre al
fatto che all'oggi è l'unica alternativa credibile alle solite ricette dette con parole diverse.
Rifondazione Comunista è con i popoli d'Europa, Rifondazione Comunista è con
Alexis Tsipras!
LA NUOVA LEGGE ELETTORALE PEGGIORE DELLA PRECEDENTE.
La Costituzione della Repubblica italiana definiva in modo chiaro i ruoli dei vari organi dello Stato. Il Parlamento doveva fare le leggi, trovando convergenze particolari sui singoli provvedimenti. Al governo toccava eseguire (non a caso si chiama “esecutivo”) e solo in casi di provata emergenza poteva emanare decreti-legge, scavalcando il Parlamento. Eppure da vent’anni a questa parte si è avuto un progressivo stravolgimento dei ruoli. I governi (di tutti i colori) hanno iniziato a decidere a suon di decreti, che il parlamento poi doveva solo ratificare. Si è creato il mito della “governabilità” si è preteso di semplificare il quadro politico, cancellando le voci fuori dal coro. E parte essenziale di questo disegno volto a blindare un certo ceto politico, è stata la modifica del sistema elettorale. Le riforme del ’93 (mattarellum) e del 2006 (dal nome significativo “porcellum”) sono servite a comprimere le diverse opzioni politiche in due blocchi simili, che hanno finto per alcuni anni di essere alternativi fra loro, per poi finire a governare allegramente assieme, in nome e per conto delle banche e dei poteri forti……
La legge elettorale del 2006 aveva permesso l’imposizione di questo regime bipolare in due modi:
1) Imponendo ai partiti indipendenti una percentuale minima -per entrare in Parlamento- doppia rispetto ai partiti coalizzati. Cioè un partito fuori dal coro per entrare in Parlamento aveva bisogno del 4%, mentre una forza “allineata” poteva accedere con soltanto il 2% dei voti.
2) Imponendo la maggioranza assoluta dei seggi alla Camera alla forza che prendeva più voti, anche se sul piano proporzionale era molto lontana dal 50%. Così si escludeva a priori la necessità costituzionale di ricercare una maggioranza sui singoli provvedimenti.
3) Imponendo liste bloccate di persone scelte dai dirigenti di partito, senza la possibilità per i cittadini di esprimere preferenze o manifestare “distinguo” all’interno dei singoli partiti.
Dopo sette anni dall’approvazione del “porcellum” finalmente la Corte Costituzionale ha emesso la sentenza di INCOSTITUZIONALITA’ per i tre motivi sopra elencati.
E la risposta delle due principali forze politiche (PD e PDL) quale è stata? Semplicemente reinventarsi una nuova legge elettorale, che RIPROPONE TUTTI E TRE GLI ELEMENTI DI INCOSTITUZIONALITA’, OLTRETUTTO INGIGANTITI.
Infatti nel disegno Renzi-Berlusconi :
1) Si ripropongono gli sbarramenti “differenziati” fra i partiti fuori dal coro ed i partiti allineati. Semplicemente si raddoppiano le percentuali minime ( 8% per i partiti indipendenti – 4,5% per gli allineati) In più si inventano meccanismi che consentono di entrare in Parlamento anche agli “allineati” che non raggiungono la quota ((altro che semplificazione)) !
2) Si ripropone il premio di maggioranza assoluta per la forza che prende più voti, e se da un lato si stabilisce almeno una quota minima ( 35 o 37% ) per far scattare il premio, dall’altro si estende ad entrambe le camere, blindando la maggioranza.
3) Si ripropongono le liste bloccate, senza possibilità di esprimere preferenze, esattamente come nel “porcellum”.
Sicuramente la nuova legge elettorale –se verrà approvata- sarà oggetto di una bocciatura da parte della Corte Costituzionale, esattamente come la precedente. Ma con i tempi biblici di cui hanno bisogno gli organismi giudiziari italiani, nel frattempo la classe dirigente si sarà assicurata un altro decennio di potere senza interferenze……..
La legge elettorale del 2006 aveva permesso l’imposizione di questo regime bipolare in due modi:
1) Imponendo ai partiti indipendenti una percentuale minima -per entrare in Parlamento- doppia rispetto ai partiti coalizzati. Cioè un partito fuori dal coro per entrare in Parlamento aveva bisogno del 4%, mentre una forza “allineata” poteva accedere con soltanto il 2% dei voti.
2) Imponendo la maggioranza assoluta dei seggi alla Camera alla forza che prendeva più voti, anche se sul piano proporzionale era molto lontana dal 50%. Così si escludeva a priori la necessità costituzionale di ricercare una maggioranza sui singoli provvedimenti.
3) Imponendo liste bloccate di persone scelte dai dirigenti di partito, senza la possibilità per i cittadini di esprimere preferenze o manifestare “distinguo” all’interno dei singoli partiti.
Dopo sette anni dall’approvazione del “porcellum” finalmente la Corte Costituzionale ha emesso la sentenza di INCOSTITUZIONALITA’ per i tre motivi sopra elencati.
E la risposta delle due principali forze politiche (PD e PDL) quale è stata? Semplicemente reinventarsi una nuova legge elettorale, che RIPROPONE TUTTI E TRE GLI ELEMENTI DI INCOSTITUZIONALITA’, OLTRETUTTO INGIGANTITI.
Infatti nel disegno Renzi-Berlusconi :
1) Si ripropongono gli sbarramenti “differenziati” fra i partiti fuori dal coro ed i partiti allineati. Semplicemente si raddoppiano le percentuali minime ( 8% per i partiti indipendenti – 4,5% per gli allineati) In più si inventano meccanismi che consentono di entrare in Parlamento anche agli “allineati” che non raggiungono la quota ((altro che semplificazione)) !
2) Si ripropone il premio di maggioranza assoluta per la forza che prende più voti, e se da un lato si stabilisce almeno una quota minima ( 35 o 37% ) per far scattare il premio, dall’altro si estende ad entrambe le camere, blindando la maggioranza.
3) Si ripropongono le liste bloccate, senza possibilità di esprimere preferenze, esattamente come nel “porcellum”.
Sicuramente la nuova legge elettorale –se verrà approvata- sarà oggetto di una bocciatura da parte della Corte Costituzionale, esattamente come la precedente. Ma con i tempi biblici di cui hanno bisogno gli organismi giudiziari italiani, nel frattempo la classe dirigente si sarà assicurata un altro decennio di potere senza interferenze……..
CONGRESSO CGIL: TRA ACCORDI SCELLERATI E TENTATIVI DI CAMBIAMENTO. LE PROPOSTE PER IL LAVORO DI RIFONDAZIONE COMUNISTA

Naturalmente nel contesto del congresso nazionale della Cgil,
il quale sta vedendo una scarsissima partecipazione da parte dei lavoratori e
un dibattito spesso ingessato sulle
posizioni della segreteria uscente, la questione degli ultimi tre
scellerati accordi sta diventando sempre più dirimente. Senza entrare nel
merito delle proposte congressuali, è necessario però notare che il primo
documento sostenuto dalla Camusso, rivendica l’accordo del 31 maggio 2013 come
un «accordo positivo, frutto dell’iniziativa di tutta la Cgil», senza critiche
quindi. Quell’accordo è stato prodromo di quello oggi contestatissimo del 10
gennaio. Soprattutto, però, l’accordo del 31 maggio 2013, per stessa ammissione
della maggioranza della Cgil (nero su bianco sul primo documento congressuale),
non è scindibile dal contestatissimo accordo sulle deroghe del 28 giugno 2011.
Accordo quest’ultimo che ha aperto la strada al famoso articolo 8 sui quali
compagne e compagni di Rifondazione Comunista si sono spesi per raccogliere
firme per un referendum abrogativo. Il secondo documento pone invece il tema
del rinnovamento sindacale in senso conflittuale, volendo riportare la Cgil ad
essere una grande organizzazione che tutela i lavoratori dai ricatti padronali.
Per questo motivo Rifondazione Comunista nel nostro territorio si schiera a
sostegno attivo di questa mozione, promuovendola nei luoghi di lavoro.
Occorre perciò lottare per evitare che la Cgil diventi a
tutti gli effetti un sindacato neocorporativo assoggettato ai dettami padronali
e della Confindustria. All’interno di un quadro che vede i lavoratori oggetto
di un attacco costante da parte dei governi neoliberisti, volto a peggiorarne
le condizioni materiali, ad eroderne le tutele ed i diritti fondamentali e
costituzionalmente garantiti, ad inibirne gli strumenti di lotta, sacrificando
il tutto sull’altare dell’austerità, dobbiamo, dunque, comprendere che la pace
sociale e la collaborazione tra i protagonisti della produzione (i lavoratori)
e i padroni voluta da Renzi e da tutta la classe dirigente italiana ha un solo
e unico scopo: riconvertire il lavoro a merce al servizio dei grandi
proprietari, destrutturare ogni diritto dei lavoratori e cancellare anche il
concetto del lavoro come diritto. Ecco perchè il conflitto tra capitale e
lavoro è oggi più attuale e più necessario che mai. Il Partito della
Rifondazione Comunista sta cercando di andare in questo senso, e infatti sta
per essere lanciata sul tutto il territorio nazionale una raccolta firme per un
Piano per il Lavoro, una pianificazione occupazionale che fermi la precarietà
dei contratti e tamponi la disoccupazione.
La questione del
lavoro però tocca molti altri ambiti, oltre a quello contrattuale. Per fermare
la precarietà e lo sfruttamento occorre rilanciare con forza un intervento
pubblico in settori strategici come la sanità, oppure la scuola, l’ università
e la ricerca, che da anni sono oggetto di un attacco sistematico e che
necessitano di un rifinanziamento e di investimenti concreti, invertendo
definitivamente la rotta delle politiche dei tagli ai diritti ed ai posti di
lavoro, perfettamente rispondenti alle logiche aziendalistiche e privatistiche
volute dai governi neoliberisti, con il plauso della Confindustria e della CEI.
Più in generale, rimettiamo al centro il tema della lotta alle privatizzazioni
(acqua, rifiuti, servizi sociali, etc), poiché i tentativi in questa direzione,
da parte di governo e regioni, sono già in atto, come il mancato rispetto
dell'esito referendario in materia di remunerazione del capitale nel servizio
idrico.
La battaglia deve poi essere condotta anche su altri fronti,
come la riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario, o la lotta alle
delocalizzazioni produttive, tema più che mai attuale anche all’interno del
dibattito congressuale, poiché va a toccare, tra le altre cose, il problema
dell’aumento dei livelli di sfruttamento, oltre che quello della logica
ricattatoria del baratto tra posto di lavoro e diritti dei lavoratori, come
dimostrano, solo per citare alcuni casi emblematici, le vertenze della Fiat e
dell’Electrolux.
Rimor: azienda fantasma o in rilancio?

Il comune unico della Valdelsa

Inoltre, con le ristrettezze economiche derivate dal Patto di Stabilità è diventato praticamente impossibile per i singoli Comuni continuare a garantire ai cittadini buona parte dei servizi finora conservati.
L’accorpamento, l’accentramento delle forze non è più un’opzione, ma una necessità oggettiva in tutta Italia. Tuttavia questo accentramento di forze può avvenire in modi diversi e con costi sociali e conseguenze diverse.
La soluzione peggiore, e che purtroppo finora ha prevalso, è l’esternalizzazione, la cessione a privati che agiscono in nome di un utile, oppure l’ingresso di privati (e quindi della logica del profitto) in società pubblico-private. Conseguenze di questa opzione sono il massimo incremento possibile dei costi per gli utenti (che diventano clienti) e la massima riduzione del costo del lavoro, cioè il mantenimento del personale minimo indispensabile.
Altra opzione che più recentemente sembra farsi strada è la “messa in comune” di personale, o l’unificazione di uffici che dovrebbero continuare a dipendere da varie amministrazioni. Questa soluzione, seppur migliore della precedente, crea comunque problemi in termini di gestione di direttive non sempre univoche, e soprattutto resta l’allontanamento del controllo da parte dei cittadini e dei loro rappresentanti eletti. Con la legge sull’”unione dei comuni” infatti si creano organismi di secondo livello atti a decidere sulle questioni comuni. Organismi non eletti dalla popolazione, ma composti da pochi soggetti scelti in seno ai consigli comunali con scarsa o nulla capacità di controllo per gli altri consiglieri.
La terza via che garantisce il massimo del risparmio e contemporaneamente mantiene il controllo democratico sulle decisioni è soltanto l’unificazione vera e propria di più comuni.
I passaggi necessari dovrebbero essere: la definizione di un Piano Regolatore unico, tale da armonizzare lo sviluppo del territorio valdelsano superando gli attuali confini amministrativi; l’uniformazione delle imposte comunali; la creazione di un sistema di trasporto urbano unificato, ((sviluppato sull’asse Pian dell’Olmino – Gracciano – Polo scolastico Colle – centro di Colle – svincolo di Maltraverso – Ospedale della Valdelsa – polo scolastico Poggibonsi – impianti sportivi Poggibonsi – stazione e centro storico di Poggibonsi - area direzionale di Salceto – Via Pisana – Fosci – Pietrafitta – San Gimignano)); un’ unica strategia di sviluppo economico comprendente tutte le tipologie di attività presenti in Valdelsa (dall’ agricoltura, all’industria, ai servizi), tale da affrontare degnamente la crisi; la gestione condivisa dell’offerta turistica che facendo perno sull’attrattività di San Gimignano, potrebbe portare vantaggi alle altre bellezze della zona, favorendo una permanenza prolungata dei visitatori in Valdelsa…. Un’amministrazione unica potrebbe anche dare una risposta efficace all’emergenza abitativa in atto, concentrando le risorse per nuovi alloggi popolari e per i contributi agli affitti; come pure favorendo i contratti a canone concordato, mettendo in contatto proprietari e persone che cercano casa in tutta l’area vasta.
Noi proponiamo, nell’arco di cinque anni, di costituire un unico Comune della Valdelsa senese, comprendente gli attuali comuni di Poggibonsi, Colle, San Gimignano, Casole e Radicondoli, e di avviare la successiva legislatura, nel 2019, con un unico Consiglio ed un’unica Giunta.
Il nuovo piano strutturale di poggibonsi

Innanzitutto il nuovo piano sancisce chiaramente il principio del “consumo zero di suolo”. Questa è una novità importante, ma anche una scelta obbligata dalla normativa regionale, e dalla completa stagnazione del mercato immobiliare. In seconda istanza, il Piano sancisce l’importanza strategica -per lo sviluppo sociale e culturale della comunità poggibonsese- di un elemento in passato ignorato dall’urbanistica; cioè una “cintura” di spazi e strutture destinate all’aggregazione ed alla socialità. Questo elemento, che noi abbiamo sempre sostenuto, ha trovato finalmente ampio spazio, anche grazie all’accoglimento degli emendamenti da noi proposti in Consiglio comunale. In terza istanza, viene confermata la “vocazione produttiva” di Poggibonsi, respingendo le sirene di chi avrebbe voluto favorire la deindustrializzazione delle nostre periferie, per sostituire alle fabbriche, varie strutture commerciali. Ciò è importante per impostare una politica dell’occupazione e della produzione, quando sarà superata la crisi; ed anche per salvare le piccole botteghe, ed il centro storico nella sua funzione di “centro commerciale naturale”. Inoltre nel nuovo Piano si recepisce un’altra nostra osservazione in merito alle forme sociali di accesso alla residenza. Precedentemente gli strumenti urbanistici definivano una “quota complessiva” di alloggi “popolari” ( nelle varie forme di accesso facilitato alla residenza previste), che poi veniva contrattata nelle singole concessioni, ed alla fine veniva realizzata solo in minima parte. Oggi invece si stabilisce il principio che la quota complessiva dovrà esser distribuita in TUTTI gli interventi di natura residenziale che verranno autorizzati. Così avremo la certezza che gli alloggi previsti si faranno, e contemporaneamente saranno distribuiti in tutta la città, evitando qualsiasi ipotesi di “ghettizzazione” delle situazioni di disagio.
Naturalmente ancora permangono elementi di perplessità, che dovranno esser chiariti nel futuro Regolamento Urbanistico. In primo, la previsione delle trasformazioni degli ex-annessi agricoli in strutture residenziali ci sembra eccessiva, e rischia di non tener conto del “carico urbanistico” che potrebbe andare a gravare sulle nostre campagne. Sempre in riferimento al territorio rurale insisteremo per mettere vincoli più stringenti di quelli stabiliti dalla Regione alle attività non-agricole praticabili. In modo particolare dovrà essere del tutto esclusa l’ipotesi di trivellazioni ad alta profondità come quelle per l’estrazione di CO2. Inoltre, nel contesto della conferma della “vocazione produttiva” delle nostre aree industriali, dovranno esser definite le tipologie di attività produttiva consentite, escludendo le attività altamente inquinanti o pericolose per la salute pubblica.
Tuttavia gli elementi positivi prevalgono chiaramente, e ci fanno dare un giudizio positivo sul nuovo piano. Ovviamente vigileremo sull’effettiva traduzione dei criteri stabiliti nelle concrete prescrizioni del Regolamento Urbanistico che dovrà esser realizzato quanto prima.
SERVIZI PRIVATIZZATI E TARIFFE ALLE STELLE: L’ALTERNATIVA E’ NECESSARIA.

Nei “monopoli naturali” ((cioè senza concorrenza, dato che non è possibile avere in casa 20 tubi dell’acqua o del gas, e scegliere a quali allacciarsi !!)) in prima istanza possiamo notare che il costo per i cittadini è cresciuto moltissimo in tutti i servizi (gas ,luce, acqua, rifiuti..) Anzi, l’aumento delle tariffe, da alcuni anni, costituisce l’unica causa di inflazione e aumento del costo della vita in Italia. Questo perché la gestione privata, tramite società di capitali, necessita di un utile, un guadagno per i soci che non viene reinvestito nel servizio stesso. E questo sia nelle società completamente private, sia nelle società partecipate. Anzi in quest’ultime, al profitto per i soci, si sommano talvolta i costi di “apparati” spesso abnormi, costituiti da amici degli amici e raccomandati vari. In seconda istanza, a fronte dell’aumento dei costi per i cittadini, non si è visto alcun sensibile miglioramento nell’offerta. In terza istanza, in certi casi (ad esempio il servizio idrico) certi costi continuano a gravare sugli enti pubblici, perché il gestore si prende le tariffe, ma mai completamente tutti i costi della manutenzione. Cioè si privatizzano i guadagni, ma si lasciano le perdite al pubblico…
L’ideologia privatistica, esaurite le promesse di risparmio ed efficienza, ormai da tempo ha esaurito la presa sul senso comune della gente. Emblematico è stato il risultato dei referendum sul servizio idrico svoltisi nel 2011. Eppure, anche in quel caso, la classe dirigente ed i principali partiti che governano il paese, ANCHE A LIVELLO DI AMMINISTRAZIONI LOCALI, hanno semplicemente ignorato il giudizio del popolo, ed hanno continuato a privatizzare. Ultimo in ordine di tempo, ma non per importanza, il servizio postale.
Eppure il cambio di rotta, verso la ripubblicizzazione è sempre più necessario. Naturalmente toccherebbe allo Stato muoversi, ma anche le Amministrazioni potrebbero fare molto, nonostante i vari vincoli di bilancio imposti.
In primis i servizi privi di rilevanza economica, come quelli a carattere sociale, ma anche quelli a rilevanza economica di particolare impatto sulla collettività, debbono essere gestiti ed erogati direttamente dall’Ente pubblico, così come già prevede la legislazione. Per gli altri occorre rafforzare molto i controlli delle Amministrazioni “partecipanti” sulle attività dei gestori, sulla condizione lavorativa degli addetti, sulla qualità dei servizi erogati. Riguardo al servizio idrico, poi, la sconfitta della logica del profitto sarebbe a portata di mano, perché nel nostro ordinamento costituzionale il risultato di un referendum valido rappresenta una fonte di diritto prioritaria rispetto a normative o leggi ordinarie emanate dai rappresentanti eletti. Quindi se l’applicazione del risultato referendario contrasta con i vincoli di stabilità, si deve derogare a questi ultimi, visto che è prioritario il rispetto del referendum. A monte, noi proponiamo di ricercare, qualora la gestione “diretta” di un servizio non sia sostenibile, un’alternativa alla privatizzazione. Per esempio attraverso forme giuridiche diverse dalle società di capitali, come consorzi, fondazioni, aziende speciali. In Valdelsa l’esperienza della FTSA per i servizi sociali, ci dice che questa strada è non soltanto realistica, ma anche conveniente per gli utenti e per le Amministrazioni. Infine un’altra ipotesi interessante è la configurazione, in ambito europeo, della “società pubblica di diritto comunitario”, specificamente destinata allo svolgimento di servizi di interesse generale per conto degli enti pubblici proprietari. Un soggetto giuridico di questo tipo favorirebbe anche l’integrazione europea sul terreno dei servizi ai cittadini, rappresenterebbe un’alternativa concreta alla concentrazione in mani private di ingenti risorse pubbliche e garantirebbe una maggiore capacità di perseguimento di obiettivi di eguaglianza ed equità sociale.
Iscriviti a:
Post (Atom)