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sabato 28 luglio 2012

La rottura del meccanismo monetario

di Joseph Halevi
Le politiche di austerità condotte in Grecia, Italia e Spagna stanno aggravando la crisi e la stessa situazione debitoria dei paesi summenzionati. Questo stato di cose comporta la rottura del meccanismo di trasmissione monetaria nell'eurozona. Al grande pubblico non se ne parla ma negli organi più specializzati la rottura monetaria dell'eurozona viene sottolineata ai massimi livelli.
La settimana scorsa il governatore della Banque de France Christian Noyer ha concesso un'intervista al quotidiano finanziario tedesco Handesblatt, riportata per intero in francese sul sito della Banque de France.
(http://www.banquefrance.fr/uploads/tx_bdfgrandesdates/HandelsFR_final.pdf).
Dopo aver espresso la sua fedeltà all'euro, Noyer afferma che «la modificazione dei nostri tassi d'interesse centrali (della Bce) non si sta ripercuotendo sull'economia. Per i mercati il tasso applicato alle varie banche dipende dal costo del finanziamento dello Stato e non dai tassi fissati dalla banca centrale». E qui appare la giustissima osservazione che avrebbe dovuto ottenere titoli di prima pagina: «Ciò significa che la trasmissione della politica monetaria non è operante». Vale a dire, la Bce non riesce più a dirigere la politica monetaria dell'eurozona. Noyer sottolinea che tale fenomeno «è inaccettabile per una banca centrale in un'unione monetaria». Il sistema monetario europeo non è dunque più tale. L'unica misura che ottiene la fiducia dei mercati è l'elargizione di soldi direttamente alle banche. Tuttavia, sostiene Noyer, «in futuro non possiamo appoggiarci indefinitivamente su un sistema ove la banca centrale finanza massicciamente il sistema bancario e riceve massicciamente liquidità dall'altro lato del suo bilancio». L'euro è pertanto diventato una mucillagine.
Possiamo ora raffrontare le ineccepibili constatazioni di Noyer con l'affermazione con cui Mario Draghi chiude l'intervista a le monde di ieri 24 luglio. L'euro non è in pericolo, afferma Draghi senza addurre alcuna spiegazione economica. Tira invece in ballo l'insindacabilità della classe politica. Citiamolo integralmente: «Si vedono degli analisti immaginare scenari di esplosione della zona dell'euro. Ciò equivale a misconoscere il capitale politico che i nostri dirigenti hanno investito nell'unione e l'appoggio dei cittadini europei. L'euro è irreversibile». Certamente, fino alla sua putrefazione totale, visto che il sistema monetario di cui è espressione non funziona proprio più nelle sue arterie e centri nevralgici principali.

il manifesto (26 luglio 2012)

Ci minacciano, li diffidiamo

CI MINACCIANO, LI DIFFIDIAMO!
Sono partite le diffide al gestore del servizio idrico Acque Spa, all'Autorità Idrica Toscana e ai 57 sindaci dell'ex ATO 2 Basso Valdarno e principalmente ai sindaci di Pisa, San Miniato, Poggibonsi, San Gimignano, Certaldo e Castelfiorentino, corresponsabili per le minacce di interruzione del servizio idrico arrivate a una decina di utenti, colpevoli di rispettare la democrazia e la legalità attraverso la Campagna di obbedienza civile e decisi a autoridursi le bollette sottraendo direttamente la somma corrispondente al profitto garantito sull'investimento e abolito dal referendum del 2011.
Le minacce arrivano per qualche decina di euro, mentre la remunerazione del capitale investito nel 2012 ammonta a più di 19 milioni di euro per gli azionisti che anche quest'anno hanno incassato i loro utili, malgrado l'enorme indebitamento di Acque Spa che le banche irresponsabilmente hanno consentito ben sapendo che a fine concessione sarà il cittadino a pagarne i debiti: profitti privati debiti pubblici.
La settimana scorsa è arrivata la sentenza della Consulta che dichiara incostituzionale un articolo del decreto legge promulgato a due mese dal referendum, perché contrario all'esito referendario sul primo quesito, mentre nel frattempo si attende la sentenza del TAR Toscana che ristabilirà l'immediata applicazione del secondo quesito.
La politica, attraverso i nostri stessi sindaci, rifiuta di adeguarsi alla volontà popolare, le aziende concessionarie della gestione dell'acqua, in nome del mercato e del profitto, si rifiutano di rispettare la legge: siamo in un mondo dove i valori sono rovesciati, dove chi rispetta la legge viene minacciato e chi la trasgredisce la fa da padrone.
Ma i cittadini e le cittadine non sono mucche da mungere o pecore da tosare...
Non ci lasceremo intimidire e continueremo a rivendicare i nostri diritti con tutti i mezzi, anche davanti ai tribunali se necessario, visto che questo sembra ormai l'unico modo per fare rispettare la Costituzione italiana.
Il Forum Toscano dei movimenti per l'Acqua ATO 2

sabato 21 luglio 2012

Si scrive acqua, si legge democrazia!



Grande vittoria dei movimenti, la Corte Costituzionale fa saltare le privatizzazioni di acqua e servizi pubblici locali

Oggi, 20 Luglio, la Corte Costituzionale restituisce la voce ai cittadini italiani e la democrazia al nostro Paese.
Lo fa dichiarando incostituzionale, quindi inammissibile, l'articolo 4 del decreto legge 138 del 13 Agosto 2011, con il quale, il Governo Berlusconi, calpestava il risultato referendario e rintroduceva la privatizzazione dei servizi pubblici locali. Questa sentenza blocca anche tutte le modificazioni successive, compresa quelle del Governo Monti.

La sentenza esplicita chiaramente il vincolo referendario infranto con l'articolo 4 e dichiara che la legge approvata dal Governo Berlusconi violava l'articolo 75 della Costituzione. Viene confermato quello che sostenemmo un anno fa, cioè come quel provvedimento reintroducesse  la privatizzazione dei servizi pubblici e calpestasse la volontà dei cittadini.

La sentenza ribadisce con forza la volontà popolare espressa il 12 e 13 giugno 2011 e rappresenta un monito al Governo Monti e a tutti i poteri forti che speculano sui beni comuni. Dopo la straordinaria vittoria referendaria costruita dal basso, oggi è chiarito una volta per tutte che deve deve essere rispettato quello che hanno scelto 27 milioni di italiani: l'acqua e i servizi pubblici devono essere pubblici.

In Toscana si continua con la Campagna di obbedienza civile:
Come dice Stefano Rodotà noto giurista italiano in un intervista dopo la sentenza della consulta alla domanda:

Ora la campagna di «obbedienza civile» lanciata dai comitati referendari che invita a non pagare quella parte di bolletta che remunera, appunto, il capitale investito nei servizi, è legittimata ulteriormente. Vero?
Stefano Rodotà: Questo è un punto importante: dopo la sentenza della Consulta è assolutamente legittima quella giusta reazione dei cittadini di ribellarsi ai tentativi di violare la legalità fissata con il risultato referendario.

Si scrive acqua, si legge democrazia!

mercoledì 11 luglio 2012

Pigs! Paolo Ferrero La crisi spiegata a tutti





Ci dipingono la crisi come un fenomeno naturale. E, come cura, ci propongono le ricette che sono all’origine della crisi: il neoliberismo. Tutto questo produce sofferenze tanto drammatiche quanto inutili, perché la loro ricetta non funziona e aggrava la crisi. Tutto questo possono farlo perché le persone, anche quelle informate, non capiscono nulla di economia e finanza.
Così la nostra vita, il nostro futuro e quello dei nostri figli vengono lasciati nelle mani di «tecnici» e apprendisti stregoni che si comportano come i medici medioevali: dicendo di curare la malattia, uccidono il paziente.
Questo libro prova, con un linguaggio elementare, senza usare termini incomprensibili, a spiegare cosa ci sta succedendo davvero: le origini della crisi, le balle che ci raccontano, come fare a uscirne.
È un libro che confida nella razionalità degli umani, nel fatto che dalla comprensione della realtà possa scaturire una coscienza, e quindi un comportamento diverso. È un libro che confida nel fatto che gli schemi di gioco delle squadre di calcio siano più complicati dell’economia. Se tutti discutono con competenza dei primi, potranno capire anche la seconda. Ed evitare di delegare a «tecnici» venduti la gestione della loro vita.


UN ASSAGGIO

Sganciate il nastro rosso! Qualche settimana fa sono andato a Torino in aereo. Sono sceso tra gli ultimi e dopo aver percorso qualche decina di metri ho trovato una gran coda di persone: tutti i passeggeri scesi prima di me dall’aereo erano fermi davanti a una porta a vetri, chiusa. Qualcuno protestava, qualcuno vociava ma senza ottenere alcun risultato: eravamo impossibilitati a entrare nell’atrio dell’aeroporto per potere finalmente andare a casa. Nel punto in cui sono rimasto fermo, in fondo alla coda, partiva un altro corridoio sul quale spiccava la scritta exit. A quel corridoio era però impedito l’accesso da un nastro rosso, di quelli che normalmente si utilizzano negli aeroporti per delimitare i passaggi consentiti. Conoscendo l’aeroporto ho pensato che gli addetti allo scalo avevano dimenticato di togliere il nastro rosso e che la strada giusta per uscire non era quella imboccata da tutti i passeggeri ma quella che il nastro vietava. Avendo le mani occupate da un paio di bagagli ho chiesto a una persona in piedi vicino a me di sganciare il nastro rosso in modo da poter imboccare il corridoio che io ritenevo portasse all’uscita. Il mio vicino mi ha guardato un po’ di traverso e si è ben guardato dal rimuovere il nastro. Ho quindi posato la borsa, ho tolto il nastro e – all’inizio un po’ titubante – mi sono incamminato per il corridoio «proibito». Come avevo previsto quello aveva le porte aperte e permetteva di raggiungere l’uscita senza problemi. Dopo qualche esitazione tutti mi sono venuti dietro e senza particolari problemi siamo usciti dall’aeroporto. Non ci sono state proteste né urla contro gli addetti allo scalo, e per la verità credo che molti di coloro che intasavano il corridoio non si siano nemmeno accorti di cosa fosse successo. Semplicemente hanno visto che la coda defluiva in un’altra direzione e l’hanno seguita. Quando mi sono messo a scrivere questo libro ho pensato sovente a quell’episodio, perché a mio parere rappresenta la metafora della situazione che viviamo nella crisi. In primo luogo la gente tende a seguire le indicazioni delle autorità, specie quando ci si trova in un terreno sconosciuto. Talvolta però quelle indicazioni sono sbagliate. In secondo luogo chi non sa come è fatto l’aeroporto non ha strumenti per pensare di fare una cosa diversa da quella predisposta – magari per errore, come in questo caso – dalle autorità. Per questo si lamenta, urla o si arrabbia, ma non avanza di un millimetro verso la soluzione del problema. In terzo luogo, pur incazzati, di fronte al nastro rosso che rappresenta il divieto posto dalle autorità ci si ferma impotenti. «Chi l’ha messo aveva l’autorità per farlo e sicuramente ne saprà più di noi». Infine, per uscire dall’impasse, occorre quindi ragionare, conoscere un po’ il territorio in cui si deve orientarsi e – soprattutto – decidere di togliere il nastro rosso, decidere cioè di infrangere il divieto dell’autorità. Questo libro prova ad affrontare la crisi da questo punto di vista. Nella prima parte affronta i luoghi comuni più diffusi sulla crisi e prova a mostrarne l’infondatezza. Cerca cioè di dimostrare che le cose non stanno come vengono raccontate dal governo e da larghissima parte dei mass media. Nell’economia – a differenza che nell’aeroporto – le vie sbagliate non sono indicate per errore o per sbadataggine, ma perché vi sono in gioco interessi enormi. Chi ha il potere, chi gode di privilegi, non vuole mollarli e sovente ci indirizza su una strada completamente sbagliata. In genere è anche molto contento se ci disperiamo e ci incazziamo tra di noi. Nella seconda parte del libro è contenuta una mappa grezza dell’aeroporto. Cerco cioè di raccontare «come effettivamente stanno le cose» dal mio punto di vista. A scanso di equivoci, il mio punto di vista si «appoggia» – non so quanto fedelmente – agli insegnamenti di Marx, che è a mio parere insuperato analista del capitalismo. Nella terza parte cerco di indicare una via di uscita. A differenza di quanto avvenuto in aeroporto imboccare la via di uscita non è così agevole. Non basta individuarla, occorre battere resistenze e interessi consolidati, occorre quindi avere il progetto – le ragioni – ma anche la forza. Lo scopo di questo libro è quello di spingervi a sganciare il nastro rosso e di fornirvi gli elementi fondamentali di orientamento per sganciare il nastro giusto, evitando di andare a sbattere in una nuova porta chiusa o, addirittura, di oltrepassare una porta spalancata sul vuoto. La scelta di sganciare il nastro rosso e di incamminarsi per la corretta via di uscita, di battersi per poterla raggiungere, non la può però fare questo libro. La dovete fare voi, perché alla base del cambiamento non vi può che essere la libera scelta, basata sul libero convincimento, di ogni uomo e di ogni donna.

La spesa giù, lo spread sù e Monti...



di Romina Velchi
La spending review piace a tutti: piace alla Commissione Ue, che, per bocca del commissario Olli Rehn, fa sapere di apprezzare le misure decise da Monti perché sono «in linea con le raccomandazioni dell’Ecofin»; piace a Mario Draghi, governatore della Bce, perché «consentirà all’Italia di raggiungere gli obiettivi fiscali»; piace alla corte dei Conti, perché è un «procedimento virtuoso»; piace, manco a dirlo, a Casini perché sono «tagli dolorosi ma non più rinviabili» e bisogna essere «comprensivi con il governo». Però lo spread resta alle stelle: ieri ha superato i 480 punti. Tutta colpa delle «esternazioni irresponsabili» (copyright di Repubblica) del presidente di Confindustria che si è permesso di criticare il governo rifilandogli un voto tra il 5 e il 6 e parlando di «macelleria sociale».
Oltre agli strali del quotidiano diretto da Ezio Mauro, Squinzi si è visto piovere addosso critiche un po’ dappertutto, in primis quella di Monti stesso, secondo il quale quelle parole avrebbero fatto salire lo spread e così è stato: dal premier operaio, al premier veggente.
Forse (forse), le cose sono un po’ più complicate e certo per l’Italia i pericoli non vengono dalle dichiarazioni di un presidente di Confindustria. A ben vedere, a Monti fa comodo che lo spread continui a volare alto, perché questo gli permette di cambiare musica e di dire (adesso) che i mercati temono l’«incertezza» su cosa accadrà nel 2013 e dunque lui potrebbe decidere di restare al timone dell’Italia per garantire la necessaria continuità e tranquillizzare così i mercati medesimi. Ma questa è un’altra storia.
Il provvedimento sulla spending review ha iniziato ieri il suo iter parlamentare sbarcando nella commissione bilancio del Senato e non sarà un cammino facile. La prova sta nell’appello lanciato al governo dal segretario del Pd Bersani: occorre aprire subito un tavolo sulla sanità tra ministro della salute, del tesoro e regioni «perché altrimenti si rischia che la situazione diventi ingovernabile in Parlamento». Insomma, manda a dire a Monti, solo concertando «noi possiamo fare da sponda, senza è molto difficile».
La preoccupazione del leader del Pd (di non tenere il partito?) è palpabile vista l’opposizione dei sindacati e degli enti locali e specie dopo aver ascoltato il ministro Balduzzi che, ad un convegno sulla salute, ha snocciolato cifre da brivido: in tre anni i tagli alla sanità (pardon, non sono «tecnicamente tagli. Si tratta di un definanziamento con più componenti» fa mettere a verbale il ministro della salute) ammonteranno a quasi 8 miliardi di euro (900 milioni per il 2012, 4,3 miliardi per il 2013, 2,7 miliardi per il 2014), mentre i posti letto tagliati saranno ben 7000. Balduzzi si dice disponibile «da domani mattina» a discutere eventuali modifiche, a fare patti sulla salute, ad aprire tavoli con le regioni; ma se poi, come è stato per le altre manovre del governo Monti, i saldi devono restare invariati sennò l’Europa si arrabbia, ci sarà ben poco da modificare.
Dunque, è comprensibile la preoccupazione di Bersani se il Pd sarà costretto a mandar giù un simile rospo. Lo dice chiaro e tondo il presidente della Conferenza delle Regioni: «La spending review è sbagliata perché conferma il percorso classico fatto dal ministero dell’economia degli ultimi otto anni» e «negli ultimi tre anni, compresa la spending review, abbiamo avuto un taglio complessivo di 21 miliardi di euro mentre la spesa privata è superiore ormai ai 30 miliardi». Così, avverte Vasco Errani, «il sistema non reggerà» a tutto vantaggio della sanità privata.
E non c’è solo la sanità. Il ministro della Pubblica amministrazione ammette che gli esuberi saranno 24mila «undicimila per l’amministrazione centrale e 13mila per gli enti territoriali». Certo, dice Patroni Griffi, «non ci sarà nulla di traumatico ma un intervento con selettività e gradualità». Peccato che la collega di governo Fornero, già metta le mani avanti: su quante persone potranno accedere al pensionamento anticipato «i numeri sono tutti da verificare». Insomma, il rischio è un nuovo “caso esodati“. E poi i trasporti, altro settore pesantemente colpito dalla revisione della spesa pubblica: «Chiederò a Monti il ripristino integrale delle somme destinate al trasporto pubblico locale, perché questo taglio è disastroso» annuncia il governatore della Lombardia Formigoni.
Così, mentre il governatore del Veneto Zaia si dice convinto che «la spending review sia incostituzionale» e dunque «faremo ricorso alla Corte costituzionale», dal capogruppo alla Camera del Pdl Cicchitto arriva la domanda che non ti aspetti: «Perché sotto la scure non sono caduti anche i miliardi da spendere per gli aerei F35?». Già, perché?

sabato 7 luglio 2012

Festa di Liberazione

Anche quest' anno  il circolo di Poggibonsi di rifondazione comunista "G.K.Zhukov" organizza la consueta festa di liberazione in loc. Montemorli (ex tiro al piattello)  , certi che parteciperete numerosi, cliccando l indirizzo sotto l immagine, vi anticipiamo il programma della festa.

Chiediamo la chiusura dell' areoporto di ampugnano


CITTA’ DOMANI - SINISTRA PER SIENA E I CIRCOLI COMUNALI DEL PARTITO DELLA RIFONDAZIONE COMUNISTA DI SIENA E SOVICILLE CHIEDONO LA CHIUSURA DELL’AREOPORTO DI AMPUGNANO 
Il futuro dell’aeroporto di Ampugnano si sta decidendo in questi giorni: lunedì 9 luglio i soci pubblici che finora hanno sostenuto l’onere del suo mantenimento sono chiamati a decidere se liquidare la Società o continuare a finanziare questa infrastruttura; ma può una comunità con la Banca Monte dei Paschi e la Fondazione in una crisi finanziaria gravissima, continuare a perdere 2 milioni di Euro l’anno per far viaggiare 2.400 passeggeri l’anno che vengono a costare alla comunità circa €. 1.000 l’anno cadauno? Mentre il trasporto pubblico locale subisce tagli pesanti e diminuiscono le linee e la frequenza degli autobus, può Siena e il suo territorio continuare a versare soldi in questo buco nero dell’aeroporto che dal 2000 ad oggi ha divorato oltre 14 milioni di Euro? (peraltro denari destinati allo sviluppo economico della Provincia). A gennaio 2012 la Giunta Comunale di Siena, d’intesa con gli altri soci pubblici aveva incaricato l’ing. Boccardo di elaborare un piano industriale, esaminare la situazione ed avanzare proposte per il futuro. Dalla sua relazione discussa nella Commissione Affari Generali del Comune di Sovicille è emersa tutta la gravità della situazione finanziaria e nonostante vi sia stata l’ammissione che Ampugnano non possa attrarre quel traffico millantato dai precedenti piani, le soluzioni proposte ci sono sembrate assolutamente non percorribili, sia che vengano ridotte in parte le perdite annue rispetto alle attuali che sono di €.1.833.000, sia che si vada di nuovo alla ricerca di un Socio Privato. La spesa prevista per i prossimi 5 anni andrebbe dai 3 ai 5 milioni di euro e questi dovrebbero essere assicurati dai soci pubblici che in questo momento hanno difficoltà anche a garantire i servizi minimi alla popolazione. L’aeroporto di Ampugnano, come ha ben spiegato l’Ing. Boccardo, sarebbe destinato all’accoglienza di clientela ricca, composta sostanzialmente da piccoli jet privati per un turismo d’elite di breve periodo con ipotetiche ricadute sulle strutture turistiche per ricchi presenti nel nostro territorio. Con questa premessa decade anche ogni utilità sociale mentre non si conoscono ancora i nuovi tagli previsti dal Governo Monti per il trasporto locale. Sul coinvolgimento di un socio privato, l’esperienza è già stata fatta: i soci privati con disponibilità non esistono e quelli che arrivano hanno altri interessi. L’entrata di Galaxy, con lo strascico giudiziario che vede coinvolti i massimi dirigenti della Banca, dovrebbe insegnare qualcosa. Anche per questi motivi, il Comitato contro l’ampliamento di Ampugnano ha organizzato per lunedì 9 alle ore 15, un presidio davanti la Camera di Commercio in concomitanza con l’Assemblea dei Soci chiamati a decidere sul futuro dell’Aereporto. 
Il Circolo Città Domani Sinistra per Siena e i Circoli Comunali di Siena e di Sovicille di Rifondazione Comunista si mobilitano affinché si interrompa subito questa disastrosa politica e che l’Aeroporto di Ampugnano cessi la sua attività. 
Ai lavoratori che in questi anni sono stati assunti ed ora rischiano di perdere il posto di lavoro manifestiamo la nostra solidarietà, e chiediamo che siano recuperati all’interno degli enti che hanno sostenuto fino ad ora la follia dell’aeroporto di Ampugnano e in primo luogo la Camera di Commercio. Facciamo appello a tutte le forze di sinistra ed ai cittadini perché oggi di fronte alla crisi della Banca e della Fondazione non si possono più tollerare privilegi inaccettabili già in passato e ad oggi insostenibili per le nostre comunità.

Angela Bindi (responsabile Enti Locali PRC)
Laura Vigni (circolo Città Domani)

giovedì 5 luglio 2012

Monti riesce dove Berlusconi ha fallito



di Alfio Mastropaolo
Il governo Monti sta facendo, con vent'anni di ritardo, quel che ci aspettavamo dai governi Berlusconi. Vedasi quanto ha appena scritto Galli della Loggia sulle pagine del Corriere della Sera. Monti applica la sua ricetta con zelo spietato, sospinto da tre fattori fondamentali. Il primo è il suo furore ideologico. È un neoliberale a oltranza, rimasto a bocca asciutta malgrado una lunghissima permanenza della destra al governo, neanche minimamente turbato dai disastri che il neoliberalismo perpetra da almeno un trentennio. Sembra dunque intenzionato a recuperare a tappe forzate il terreno perduto profittando delle drammatiche difficoltà di tutte le forze politiche.
Monti fa il lavoro di Berlusconi Perché il capo dello Stato abbia deciso di rivolgersi a lui è un mistero. Monti è il rappresentante organico di una cosa che in Italia da sempre non c'è, o che quando c'è fa ridere - sempre che non faccia di peggio - ovvero il settore privato, o il capitalismo, o la borghesia.
Che non a caso hanno a suo tempo partorito il fascismo e da ultimo quella caricatura di destra che sono Berlusconi e il berlusconismo. Monti ne è la faccia decente, ma non ha mai nascosto le sue pulsioni, né come accademico, né come columnist del Corriere della Sera. Eppure Napolitano l'ha scelto. Va bene che si era fatto una reputazione in Europa come membro della Commissione, ma è dubbio che nella pur magra riserva della Repubblica non si potesse scegliere una figura meno profilata.
Il secondo fattore che mette vento nelle vele di Monti è la crisi finanziaria internazionale, che ha amplificato a dismisura i problemi italiani, aggravati non poco dalla vergognosa incompetenza dei governi Berlusconi, nonché dalle pluriennali spoliazioni da essi perpetrate a danno del paese.
Il terzo fattore che aiuta Monti è l'emergenza democratica in cui Berlusconi ha precipitato il paese. Rispetto a quella situazione i modi urbani di Monti sono un progresso. Quel che però non si può dimenticare è che la macelleria sociale che Monti sta perpetrando è anch'essa una sfida alla democrazia. Quando una democrazia partorisce politiche di questo genere gli effetti sono democraticamente devastanti.
Qualcuno ritiene che la chiusura d'una fabbrica al giorno, la disoccupazione crescente, il decadimento dei servizi e l'impoverimento di fasce sempre più ampie della popolazione non abbia pesanti ricadute sullo stato di salute delle democrazia italiana? Sono fatti che corrodono il tessuto sociale e la convivenza civile, di cui ovviamente la democrazia paga il conto. E infatti la fiducia nelle istituzioni democratiche è in declino e l'antipolitica fiorisce.
Certo, si può orientare il declino della fiducia contro i partiti. Che sono divenuti il capro espiatorio della grande stampa, di Beppe Grillo e talora di sé medesimi. I partiti non sono più immorali di altri pezzi della società italiana, ma invece di curare la propria immoralità si compiacciono di metterla in scena: vuoi immaginando riforme istituzionali volte a decapitarli, vuoi con le autodenigrazioni sistematiche come quelle in cui da ultimo primeggia il sindaco Renzi.
Per intanto dunque i partiti calamitano la sfiducia verso la democrazia. Ma c'è ragione di ritenere che se Monti è stato ingaggiato per curare la democrazia dalle ferite che le ha inflitto Berlusconi, quelle che lui le sta infliggendo non sono meno gravi. Sono più subdole, non scandalizzano le vestali della democrazia, ma provocano danni che non sarà facile riparare.
Insomma, il sollievo che il nuovo stile del governo suscita è modestissimo. Si concede il lusso perfino di qualche ministro che fa mosse apprezzabili (qualche parola si sente a beneficio del Mezzogiorno, anche se i fatti sono lenti; i beni culturali ricevono attenzioni cui erano disabituati da anni). E in Europa ci disprezzano un po' meno. Ma la consolazione è modesta. L'azione del governo Monti non solo è economicamente e socialmente depressiva. Lo è pure democraticamente. Ci si consenta pertanto una domanda all'onorevole Bersani e a tutti coloro che a sinistra si affannano ad annettersi Monti.
Già, perché in questa storia c'è una sfinge ed è proprio lui, insieme a molti suoi sodali del Pd. Qualche fremito ogni tanto da Bersani ci giunge, ma ci piacerebbe sentire qualcosa di più sostanzioso che non una battuta del tipo: "Monti è una risorsa". Ci scusi, onorevole, una risorsa per chi? I cassintegrati, gli esodati, i disabili, e via di seguito, o i ristrettissimi circoli di banchieri e imprenditori con cui Monti è in confidenza? Ci dica ancora, onorevole, se fate società con Casini, è in Monti che troverete il vostro premier? O siete già d'accordo per fare il montismo senza Monti, di cui Casini è tifoso sfegatato? Il Pd da che parte sta?
Ogni tanto una battuta può scappare e la penitenza che Monti ha imposto agli italiani (con l'accurata esclusione dei ceti abbienti) dobbiamo forse sopportarla, perché la situazione politica è quel che è e perché ci siamo consegnati mani e piedi ai diktat di Berlino. Ma intanto la penitenza si può attenuarla, si potrebbe applicarla altrimenti e si possono chiamare le cose col loro nome. Galli della Loggia lo fa: è un governo di destra e borghese. E siccome la borghesia italiana non mai stata illuminata, e oggi lo è men che mai, anche perché chi dovrebbe contrastarla o ha deciso di disarmare, o mette i bastoni fra le ruote a chi prova a reagire come la Fiom, questo è un governo antipopolare. Dire che lo si sopporta, ma non ci piace, è che la sinistra farà tutt'altro, aiuterebbe quanto meno a togliere a Di Pietro, alla Lega e a Grillo - e pure a Berlusconi - l'esclusiva delle riserve sul governo. E sarebbe un antidoto all'antipolitica.

Interrogazione provinciale MPS


Interrogazione per il C. P. del 12 Giugno 2012
presentata dal  Gruppo Consigliare Rifondazione Comunista -
Comunisti Italiani della Provincia di Siena

Al Presidente della Provincia di Siena
Al Presidente del Consiglio Provinciale

Oggetto: Interrogazione consiliare a risposta orale e scritta inerente i contributi della Fondazione MPS.

Premesso

che la questione in oggetto ha un’importanza primaria sull’attività della nostra Provincia, e così determinante fino al punto che è stata la causa, almeno per quanto appreso dalla stampa, delle dimissioni del Sindaco di Siena e quindi del conseguente commissariamento della Città capoluogo.

Vista

La delibera della GP del 5 giugno 2012 n. 139 nella quale si evidenziano i crediti esigibili e rendicontati alla Fondazione MPS e tenuto conto che nella stessa si parla di Euro 8.095.397,97 rendicontati al 31 maggio scorso, di cui 2.768.867,93 sospesi per mancanza di documentazione e 5.325.530,04 rendicontati senza riscontro. Inoltre nella stessa delibera si parla di ulteriori rendicontazioni pari a 6.982.431,77 e di 6.517.088,39 che matureranno entro il 31/12/2012.

Il sottoscritto chiede di sapere:

1) a quanto ammonta effettivamente il credito nei confronti della Fondazione MPS?
2) quali sono i documenti mancanti che hanno causato il blocco di 2.769.867,93 euro?
3) quanti di questi 21.594.918,13 di euro di credito sono stati anticipati dalla Provincia e quanti sono oggetto di fatture da saldare alle aziende che hanno già prestato opere e servizi in progetti realizzati o in fase di realizzazione?
4) quali effetti ci saranno sul tessuto economico provinciale, qualora la Fondazione non dovesse essere in grado di far fronte a questi impegni?


Il Capogruppo della Lista Rifondazione - Comunisti Italiani

Antonio Falcone