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martedì 3 dicembre 2013

Berlusconi decade, le sue politiche rimangono



La decadenza da senatore di Silvio Berlusconi è sicuramente un fatto positivo: il Parlamento è stato liberato da uno dei suoi peggiori elementi. Un personaggio, oltre che un pregiudicato, che in 20 anni ha spazzato via le enormi conquiste sociali ottenute con le battaglie dei decenni passati. Ma la sua eredità è stata ormai da tempo raccolta da tutte le forze politiche che oggi si ritrovano nel governo delle Larghe Intese, decise a rappresentare gli interessi euro/tedeschi in Italia e a far pagare la loro crisi ai lavoratori, ai disoccupati, agli studenti e a tutti i soggetti deboli della società, mantenendo i propri privilegi.
Abbiamo davanti due scelte

  1. continuare a credere alla favola che la crisi passerà, intravedendo un cambiamento in un personaggio come Renzi, che sostanzialmente continuerà sul solco tracciato da Berlusconi. La crisi non passerà, anzi aumenterà, se a cambiare non è il modello di sviluppo. 
  2. dare veramente un indirizzo politico diverso, a partire dall'annullamento della controriforma Fornero, dal ripristino dell'articolo 18,dalla revisione dei trattati internazionali che impongono all'Italia manovre economiche durissime, dal garantire a tutti una casa e un lavoro andando a prendere i soldi laddove ci sono, e cioè nelle tasche di quel 10% di ricchi che detiene il 50% dei capitali, e nazionalizzando settori strategici della produzione e della finanza, in modo da poter rilanciare l'economia italiana su basi completamente nuove!

mercoledì 6 marzo 2013

Analisi del voto


Il voto del 24/25 febbraio introduce significative novità nello scenario politico. Novità interessanti e pericolose al contempo che devono farci capire che un modo di far politica è definitivamente tramontato e certe tattiche (per la verità obsolete da anni), ormai sono addirittura suicide.

1) Dopo 20 anni ha iniziato a cedere la farsa bipolare. Per 2 decenni molti elettori hanno alternato il proprio voto fra centrodestra e centrosinistra, lamentandosi delle sempre nuove mazzate, che facevano dimenticare quelle del quinquennio precedente. Così proseguivano le stesse politiche liberiste. Oggi l'alternanza non c'è stata, e molti elettori hanno inequivocabilmente condannato i 2 "poli" come corresponsabili della stessa ricetta e della stessa situazione. Questa è senza dubbio una novità interessante, da tenere sempre in mente nelle nostre future scelte politiche.

2) Il dissenso tuttavia non si è tradotto per nulla in consenso alle forze che da sempre contrastano le politiche liberiste. E qui sta il pericolo. Il dissenso e la protesta sono state incanalate in una "mobilitazione reazionaria di massa" , fondata sul trasversalismo e l'interclassismo, che distoglie l'attenzione dai problemi veri ((banche, finanza, modo di produzione...)) e indirizza la rabbia popolare contro i "luoghi della mediazione e della rappresentanza democratica". Così il partito-azienda di Casaleggio lancia l'attacco a partiti, sindacati, rappresentanti eletti, ed in generale alle (poche) associazioni di cittadini ancora organizzate. Il movimento 5 stelle si inventa una "democrazia fluida" tutta giocata nel mondo virtuale della rete, mentre sui luoghi di lavoro del mondo reale, si teorizza il "contratto individuale" (al posto di quello collettivo) e "sindacati aziendali" (dopo lo scioglimento degli apparati e delle strutture confederali).

3) Le forze di sinistra ((sia la sinistra "addomesticata" vendoliana, che la sinistra alternativa raggruppata nella lista Rivoluzione Civile)) scendono ai minimi termini e risultano del tutto inadeguate ad intercettare il consenso popolare. I partiti della sinistra vengono visti non come la soluzione, ma come parte del problema, anzi della "casta". Sono abbandonati anche dalle realtà sindacali, politiche, e di movimento più radicali, che ((come gli Arditi nel '19)) cadono preda delle sirene eversive della classe dominante ((ormai solo dominante, in quanto non ha più alcun progetto di rilancio del paese)) e contribuiscono masochisticamente a distruggere quel poco che resta del compromesso democratico, mandando tutti i politici "affanculo" ((odierna versione del "me ne frego")).

4) Questa scomparsa della sinistra non è tuttavia uno scherzo del destino. Per due decenni infatti le forze della sinistra hanno continuato a ripetere che "un altro mondo è possibile" e che si potevano fare politiche diverse, salvo poi accodarsi nella maggior parte dei casi alle scelte dei soggetti politici più grandi e conquistare poco o niente per le fasce sociali di riferimento. Ciò ha sempre deluso le componenti più radicali, senza mai acquisire consensi più moderati. La complicità col primo governo Prodi ha dato il primo colpo serio al PRC. La reiterazione del crimine, un decennio dopo, ha prodotto il tracollo. Le successive improbabili aggregazioni che nelle intenzioni dei gruppi dirigenti della sinistra avrebbero dovuto sommare le forze di realtà assolutamente diverse, hanno completato il lavoro.

5) Tutti questi errori tattici traggono origine da un profondo errore strategico. Il nostro partito, come tutta la sinistra, ha preteso di proseguire sulla stessa via della conquista graduale di diritti e reddito (con le lotte dal basso e con la mediazione politica dall'alto), che era stata inaugurata dal "Migliore" ed aveva dato ottimi frutti negli anni '60 e '70. Ma quel periodo di conquiste era avvenuto durante il ciclo espansivo dell'economia keynesiana, in cui, non soltanto una parziale redistribuzione della ricchezza era compatibile con buoni margini di valorizzazione dei capitali, ma anzi, l'espansione dei consumi della popolazione, e quindi del mercato interno, era il volano della valorizzazione.Ma oggi in Occidente il contesto è diversissimo. Il margine di profitto in molti settori avanzati, è praticamente nullo, i tempi di rientro dagli investimenti sono lunghissimi, e come se non bastasse i mercati dell'auto e degli elettrodomestici (che avevano trainato l'economia del boom) sono da tempo ridotti a mercati "di ricambio". Le politiche liberiste perseguite ininterrottamente da decenni, non sono state uno scherzo della storia, ma la risposta necessaria ((dal punto di vista dei capitalisti)) alla sovrapproduzione di capitali ed al crollo dei margini di profitto nei principali settori avanzati. La crisi dei consumi e la sovrapproduzione di merci che oggi sono sotto gli occhi di tutti, non costituiscono il "fallimento" del liberismo (come continuano a ripetere i socialdemocratici). Non sono conseguenze impreviste come nel 1929. Al contrario sono EFFETTI CALCOLATI di politiche che scientemente puntavano a rialzare il margine di profitto, abbattendo il costo del lavoro. Perchè l'unica strategia dei capitalisti ormai non era più "incrementare la torta", ma strapparsi fette sempre maggiori della stessa torta sui mercati globali.La decrescita del mercato interno, e l'impoverimento di massa sono stati VOLUTI dalla classe dominante e dalle forze politiche che l'hanno rappresentata in questi anni. O detta in altri termini, chiunque si è trovato a governare ((senza avere un modo di produzione alternativo)) si è trovato schiacciato fra "picchiare sempre più duro sui lavoratori" e "far fuggire i capitali altrove". Naturalmente ((affidandosi solo al capitalismo ed all'investimento privato)) hanno sempre scelto la prima opzione.Le forze comuniste e di sinistra hanno preteso di continuare a cercare alleanze con le forze capitaliste più avanzate, come se il compromesso dell'era keynesiana fosse ancora possibile, ed hanno ottenuto soltanto sconfitte o accordi oscillanti fra il "deludente" ed il "catastrofico". E va sottolineato che nel perdurare dell'arretramento non perde credibilità chi sostiene certe scelte inevitabili; perde credibilità chi sostiene che si sarebbe potuto fare diversamente.

6) Ne consegue che soltanto un "modo di produzione" alternativo, una produzione non più basata sulla valorizzazione del capitale, può far uscire la Politica dal "vicolo cieco del liberismo e della crisi". Non sono più pensabili compromessi o accordicchi con forze collocate nella sola logica dell'economia di mercato. In pratica niente più "governi Prodi" o generiche "sinistre" . Da una parte le forze capitaliste, dall'altra i Comunisti.

7) Nella situazione italiana attuale, col livello di consenso a cui siamo scesi, non è pensabile tornare ad incidere nell'agenda politica nazionale. Ogni ipotesi di fuga in avanti (o indietro) è velleitaria. Non ci sono formule che a breve possono farci tornare protagonisti fra le masse. Tutto quel che possiamo fare è (come durante il fascismo) tenere in piedi una struttura di quadri più o meno presente in tutta Italia, continuare a fare un minimo di presenza (con iniziative, volantinaggi....) ed attendere gli eventi che stanno maturando fuori dai confini nazionali.

domenica 27 gennaio 2013

Lettera del Seg. Paolo Ferrero


Ai compagni e alle compagne di Rifondazione Comunista
                                                                                                                                                      Roma, 16 gennaio 2013
Cari compagne e compagne,
vi scrivo per la seconda volta in poche settimane. Lo faccio ed alla vigilia di una importante campagna elettorale per cercare di riassumere il senso del nostro impegno in RIVOLUZIONE CIVILE con Ingroia
candidato presidente.

Innanzitutto considero un successo politico essere riusciti a dar vita a questa lista autonoma dal PD. Erano
anni che ci lavoravamo e ancora poche settimane a molti fa pareva una impresa impossibile. Non solo, il
programma di questa lista, pur non raccogliendo completamente il nostro programma, è buono. Vi sono le
cose fondamentali che vanno dette per disegnare una alternativa: dal no al fiscal compact e alla Tav in
avanti. Inoltre riamo riusciti a far accantonare definitivamente l’idea di fare la desistenza al Senato nei
confronti del centro sinistra. Si sarebbe trattato di una scelta suicida che avrebbe trasformato la lista ad una
sorta di appendice minoritaria del PD, priva di prospettiva e progetto politico. RIVOLUZIONE CIVILE   si
presenta quindi agli elettori come polo politico autonomo dal centro sinistra, esattamente come noi
volevamo.

Com’è noto questa lista è il frutto di un accordo tra 6 movimenti politici (Rifondazione Comunista, PdCI,
IdV, Verdi, Movimento arancione di de Magistris, Rete 2018 di Orlando) e Antonio Ingroia che è il candidato presidente. Purtroppo le vicende di Cambiare si può hanno impedito che  questo processo fornisse un contributo decisivo e positivo alla costruzione della lista. Così tutto il percorso  di partecipazione
democratica avviato con le assemblee di cambiare si può è rimasto privo di uno sbocco politico e le
dinamiche di costruzione delle liste  – anche a causa della totale mancanza di tempo - non hanno avuto
passaggi di legittimazione democratica. La stessa drammatica mancanza di tempo per far conoscere la lista
ci ha portato a scegliere di inserire il nome di Ingroia nel simbolo, cosa che certo non corrisponde alla
nostra cultura politica ma che è indispensabile per rendere riconoscibile una lista appena nata. Frutto di
questo accordo è stata così la costruzione di liste in cui la maggioranza degli eletti sarà espressione della
società civile. In questo quadro abbiamo candidato 10 compagni e compagne indicate dalla Direzione
Nazionale che hanno la possibilità di essere eletti a seconda della percentuale che prenderà la lista. Con il
4% ci saranno due eletti, con il 4,5 saranno 3 e così via aumentando. Oltre a questi vi è un centinaio di altri
compagni e compagne presenti nelle liste in posizioni più arretrate.

La prima cosa da sottolineare è quindi che il voto che ognuno e ognuna  di voi esprimerà, non servirà solo
ad eleggere coloro che sono in lista nella vostra circoscrizione ma servirà ad eleggere compagni e
compagne che sono nelle altre circoscrizioni. I voti infatti si sommano sul piano nazionale e solo un risultato
positivo in termini complessivi permetterà l’elezione dei compagni e delle compagne indicati da
Rifondazione. Questo è il punto fondamentale da tener presente: ogni mancata partecipazione alla
campagna elettorale, in qualunque parte del paese, è un modo per impedire al nostro partito di rientrare in
parlamento, è un atto contro rifondazione comunista e il suo progetto politico. La mancata partecipazione
alla campagna elettorale è un suicidio politico, non un atto di protesta.Lo dico perché la formazione delle liste ha prodotto grandi malumori, quasi tutti comprensibili ma a mio parere quasi tutti esagerati. Se si fa una lista con altri partiti e movimenti – scelta decisa dal partito nella perfetta consapevolezza che questo fosse il solo modo possibile per garantire la presenza in Parlamento delle forze che si sono opposte a Monti e la nostra stessa rappresentanza – è poi inutile lamentarsi del fatto che nella maggioranza delle teste di lista non ci sono nostri compagni o che vi è il leader di un altro partito capolista nella nostra circoscrizione. Se Ferrero è nella testa di lista a Torino, di Pietro lo sarà a Milano. Non è pensabile che i nostri ci siano e gli altri debbano scomparire.  La stessa cosa vale per liste: essendo liste a maggioranza di società civile e quindi per meno della metà composte da esponenti di partito, per forza di cose i nostri compagni e compagne sono una piccola minoranza della lista e non sempre saranno nella parte alta della lista. Così come è successo agli altri.
Il punto fondamentale allora non è  di concentrare la discussione sul fatto che  nella circoscrizione in cui
votiamo il nostro sta al decimo o al ventesimo posto. Il punto fondamentale su cui discutere è che il nostro
voto è decisivo per portare in parlamento un gruppo di deputati in opposizione alle destre e al governo
Monti Bersani e per eleggere i compagni e le compagne di Rifondazione Comunista a prescindere da quale
è la circoscrizione in cui è candidato o candidata.
In questo quadro, per il Senato - che ha collegi a base regionale - in 4 situazioni il capolista di RIVOLUZIONE  CIVILE  è un compagno o una compagna di Rifondazione e che quindi può essere eletto: Marino Andolini in  Friuli Venezia Giulia, Giovanna Capelli in Lombardia, Roberta Fantozzi in Toscana e Marco Gelmini in  Umbria.
In questa lista – messa in piedi in poche settimane - vi sono certo disomogeneità e un notevole pluralismo
di culture e percorsi politici. Rivoluzione Civile non è Syriza o il Fronte de Gauche. Rivoluzione Civile è uno
spazio politico che si colloca a sinistra del PD, in cui noi siamo, con ogni evidenza, il partito più a sinistra.
Detto questo è bene evitare di gettare il bambino con l’acqua sporca: il progetto di Rivoluzione Civile non è
solo utile ma necessario ed è il massimo che potevamo fare nelle condizioni date. Rivoluzione Civile è un
passo in avanti anche se non è – perlomeno non è ancora – la costruzione di una forza unitaria della sinistra
di alternativa. Dobbiamo lavorare affinché questo processo avanzi e il modo migliore per farlo oggi è quello
di votare e far votare Rivoluzione Civile. Come abbiamo visto dopo il 2008, dopo le sconfitte si raccolgono i
cocci. Dobbiamo far si che le elezioni del 24 febbraio 2013 con il successo elettorale di Rivoluzione Civile
siano un punto di partenza. Per i comunisti e le comuniste , per la sinistra, per il movimento operaio.
Un caro saluto e buon lavoro
Paolo Ferrero